Elvira è il teatro nel teatro, il teatro che si racconta e analizza sé stesso attraverso il lungo lavoro dell’attore teso all’espressione più compiuta di un sentimento cui rendere partecipe, possibilmente commosso, il proprio pubblico. Sullo sfondo lo sfacelo culturale e materiale, crudo ed arrogante rappresentato un regime nazista che sta per fagocitare anche la ”ville lumière” in un delirio che non può attendere gli interrogativi di una compagnia teatrale che con i propri tempi, straordinariamente dilatati, vorrebbe tendere alla perfezione della comunicazione sentimentale. Questo paradosso stridente, tra una ricerca di espressività comunicativa artistica e l’evidente rozzezza di una comunicazione di massa tesa non a commuovere bensì solo a muovere odio, è però solo accennato: forse un suo approfondimento avrebbe rischiato, nel suo essere evidentemente didascalico, di rendere l’opera troppo vicina alla realtà politico-sociale odierna. Tutto, invece, ruota intorno a poche ma decisive battute di Elvira un personaggio goldoniano che è solo l’occasione per interrogarsi sulle modalità espressive più consone alla trasmissione appunto di un sentimento: come recitare e al tempo stesso trasmettere delle emozioni, un sentimento, come se non si stesse recitando ? un paradosso che sembrerebbe impossibile da attuare ed in effetti lo è ma il bravo attore può tentare di avvicinarvisi il più possibile; si tratta quindi di un’utopia ma come tutte le utopie serve ad indicarci una via, un obiettivo cui tendere se si è convinti della bontà ed eticità della meta finale, ovviamente se si è in buona fede, senza tecnicismi, senza virtuosismi. In realtà lo spettacolo si muove un po’ monotono tutto intorno a questo tema lasciando il sospetto che in realtà esso ruoti abilmente intorno al mattatore Toni Servillo, ovviamente impeccabile nella sua parte di regista, nella pièce e di attore protagonista: alla fine, infatti, ”vince” implicitamente lui, perché l’apprendista attrice, tra ripensamenti, crisi esistenziali e sconforti e subito dopo entusiasmi sfrenati, tipici di un’artista in formazione e desiderosa di imparare, può solo avvicinarsi alla meta; dopo i meritati e lunghi applausi al ”doppiamente” regista (e attore) Servillo, virtuosissimo nella recitazione, è lecito però porsi il dubbio se alla fine lui voglia mettersi veramente alla prova per passare dalla teoria ai fatti e dimostrare che quell’utopia è raggiungibile, almeno per lui.
Elvira
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Scritto da: stefano@piccabulla.it
Sociologo, progettista di formazione e formatore. Allievo e collaboratore di Pino Ferraris ha insegnato per 10 anni presso l'Università di Camerino nelle sedi di Camerino, Narni (TR) e Ascoli Piceno, occupandosi di Sociologia generale, del lavoro e dei beni culturali e ambientali. Qui ha portato avanti la prima applicazione in Italia di didattica in videoconferenza multiregionale (Roma, Camerino e Terni). Ha svolto numerose ricerche sul campo per enti pubblici e privati occupandosi di formazione, condizioni di studio e organizzazione del lvoro
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